Efesini 4,1-6 - Degni della chiamata

Efesini 4,1-6 - Degni della chiamata

Efesini 4,1-6
Degni della chiamata


1 Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, 2con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, 3avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
4Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; 5un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.
6Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

(Bibbia CEI 2008)

Commento:

Efesini 4,1-6


La discordia tra i cristiani è una ferita viva e sanguinante del corpo di Cristo che è la Chiesa. È con questa consapevolezza che l’autore invita a ricevere, costruire e mantenere l’unità. Essa è certamente un dono dello Spirito, ma richiede anche la fattiva collaborazione d’amore di ogni cristiano. Leggiamo dunque, in questi versetti, del male della divisione e della sua cura: uniti nella fede come Dio è Uno.

  • In maniera degna della chiamata. La prima vocazione personale è anzitutto all’esistenza. Ognuno di noi trova il senso della propria vita in Dio, che per amore fa vivere, sostiene e ama. Comportarsi in maniera degna della propria vocazione è un’implorazione dell’apostolo che definisce se stesso «prigioniero a motivo del Signore». Cosa significano queste espressioni? Perché sono collegate tra loro?
  • Paolo è in carcere a causa della testimonianza cristiana e dell’odio dei suoi persecutori: comportarsi in maniera degna è la coerenza tra ciò che annuncia e ciò che vive. È la coerenza di chi ama e fa di tutto per manifestare l’amore più grande che lo abita, anche amando i nemici (Mt 5,44; Lc 6,27).
  • È prigioniero per volontà del Signore, non solo dei persecutori. Coerenza è aderenza al Vangelo, per cui come Cristo patì per noi lasciandoci un esempio, affinché ne seguiamo le orme (1Pt 2,21), così nella vita dell’apostolo è replicata la vita di Cristo stesso (Gal 6,17), testimonianza dell’amore di Dio per il mondo (Gv 3,16). L’apostolo è esempio di sacrificio e conformità a Gesù (2Ts 3,7).
  • È la chiamata che tiene come in prigione l’apostolo. Quando è l’amore a spingere la vocazione, non ci sono ragioni per abbandonarlo o per tradirlo. Così la coerenza al Vangelo, anche in mezzo al rifiuto e alle difficoltà, si fa testimonianza dell’amore più grande che spinge il cristiano (Gv 15,13; 1Cor 12,31).
  • Unità dello spirito. Lo Spirito agisce secondo la sua natura divina che è relazione, unità e amore. Per questo lo Spirito, ricevuto nel Battesimo e confermato nella Pentecoste di grazia della vita sacramentale e feriale, se accolto, produce il frutto dell’unità e, tra le declinazioni dell’amore, anzitutto la pace (Gal 5,22). Vocazione, unità e frutti dello Spirito fanno di questi versetti un parallelo con Col 3,12-15.
  • Un solo Dio. Nei vv. 4-6 per sette volte si ripete il pronome un/uno/una. L’unità è dono di Dio che è Uno, ma è anche metafora dell’essere comunione della Chiesa. All’unità segue l’unicità per cui un’unica speranza accomuna i diversi e l’unico battesimo unisce a Dio come figli. Unicità non è uniformità, ma singolarità. In Dio non siamo confusi, ma amati personalmente, chiamati e colmati di talenti, secondo il frutto che ciascuno può portare (Mt 25,15). Dio, è Padre al di sopra di tutti e opera per mezzo di tutti, nella vocazione personale di ciascuno.

Questa riflessione sull’unità fu storia concreta nel vivere comunitario della prima chiesa apostolica: «erano un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32). Oggi è sempre possibile il sogno dell’unità, se riconosco la mia creaturalità come il dono del Padre che chiama figlio suo me e ogni fratello e sorella accanto a me.



Paralleli nel testo: Rm 12,5; 1Cor 10,17; 12,12; 13,13; Ef 3,1; Fil 1,27; 

Unità dei fedeli: Gl 4,2; Gv 15,4; 17,1-26; Rm 14,1-12; 1Cor 1,10; Gal 3,28; Col 3,11; 1Gv 1,7.

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