Mosè ha supplicato di poter vedere Dio (33,18-23) e il Signore ha accolto la richiesta. Egli vedrà solo le spalle di Dio, perché nessuno può vederlo e restare vivo (33,20). Dio è il misericordioso, che si mostra al suo amico (33,11), proclamando la propria misericordia. Leggiamo qui una bellissima teofania (cioè manifestazione di Dio).
Alcuni punti di riflessione:
- La nube. Diverse teofanie mostrano il Signore tra le nubi. In questo libro assume un carattere speciale: richiama la liberazione dall’Egitto e la guida del popolo nel deserto (cap. 15+). In 33,7-11 inoltre la nube indica la presenza di Dio sulla tenda del convegno dove si intrattiene con Mosè.
- Proclamare il Nome. Colui che proclama è Dio, come aveva promesso e come Mosè ricorderà nella preghiera in Nm 14,17-19. Il nome non è una qualità, ma la presenza. Nel proclamare il proprio nome, il Signore dichiara la libertà di non essere un Dio asservito agli uomini. È importante questo aspetto, considerando la mentalità di molte culture antiche, per cui conoscere il nome della divinità era l’appiglio per invocarla e metterla a servizio dei propri desideri. In questo libro un richiamo immediato è Es 3,14: Dio è colui che è presente e sempre sarà accanto. Nessuno può afferrare Dio. È libero. Non è come i falsi idoli delle nazioni che Paolo apostroferà “muti”, mentre i seguaci si lasciano “trascinare” (1Cor 12,2).
- Ira di Dio. In questo contesto, il significato è legato alla pazienza di Dio. I popoli semiti spesso descrivevano atteggiamenti e sentimenti con immagini concrete o parti del corpo. Qui, in Nm 14,18, Gl 4,2 e altrove l’ira è come lo sbuffo da un naso dalle lunghe narici. Le narici sono così lunghe che il fumo idealmente impiega tanto tempo, sì che in Dio la pazienza è maggiore della rabbia. L’ira di Dio non è un sentimento come per l’uomo. Essa è collegata alla giustizia. Significa che Dio non tollera il male, vorrebbe eliminarlo, e sbuffa d’impazienza. Ma la pazienza e la misericordia sono maggiori perché concede all’uomo il tempo di pentirsi (At 14,17). Ecco perché nel v. 7 leggiamo la sproporzione retributiva di mille generazioni di benevolenza contro tre o quattro di castigo. Per approfondire, si rifletta anche sulla gelosia divina. Dio è Geloso del suo popolo e non tollera il male, ma a tutti concede il tempo di ravvedersi perché buono e misericordioso.
Nella preghiera di Mosè del v. 9 leggo una prefigurazione di Gesù. Mosè chiede: se abbia trovato grazia, che il Signore cammini in mezzo al popolo, perdoni le colpe e che diventino sua eredità. Gesù è l’immagine del Padre, pieno di grazia e verità (Gv 1,14), che cammina in mezzo a noi per condurci al vero pascolo (Gv 10), che riconcilia il mondo con il Padre (1Pt 3,18), perdonando le colpe (Rm 5,15) e ci fa sua eredità (Ef 1), perché di lui siamo stirpe (At 17,28-29), membra del corpo di cui lui è la testa (1Cor 12), definitivamente familiari di Dio (Ef 2). Sarebbe interessante leggere questo episodio in parallelo con i racconti della trasfigurazione: nube, gloria, esodo e riconciliazione alla presenza di Mosè, Elia e i discepoli, nuovo Israele di Dio.
Paralleli e approfondimenti
- Ira di Dio: Nm 14; Gl 4;
- Ira e gelosia: Sof 3; Naum 1;
- Gelosia: Gs 24,19;
- Mille generazioni: Es 20,6; Dt 5,10; 7,9; 1Cr 16,15; Sal 105,8; Ger 32,18;
- Es 20 e Dt 5: gelosia e mille generazioni
- Eredità: Mt 5,5; Rm 8,17