Luca 10,25-28 - Il comandamento

Luca 10,25-28 - Il comandamento

Luca 10,25-28
Il comandamento



25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».
26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».
28Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».

(Bibbia CEI 2008)

Commento:

Luca 10,25-28


La sezione 25-37 di questo capitolo va letta tutta insieme. Separo le pericopi per focalizzare i punti salienti senza appesantire la lettura, ma consideriamo i due brani come prima e seconda parte di un’unica unità narrativa. Siamo, infatti, davanti a una parabola che ha almeno due intenzioni: i vv. 25-28 rendono ragione della novità cristiana nello sviluppo dell’eredità giudaica; i vv. 29-37 sono una forma di autobiografia di Gesù all’interno della quale ogni suo discepolo può riconoscere anche la propria identità di cristiano. Consideriamo la prima sezione.

  • Paralleli e differenze. L’incontro tra Gesù e il dottore della legge è comune agli altri sinottici: Mt 22,33-40 e Mc 12,28-31. La novità sta anzitutto nel modo di porre la domanda. In Mt 22 si chiede quale sia il «grande» comandamento, mentre in Mc 12 quale sia il «primo». In entrambe le citazioni si aggiunge anche il «secondo», il comandamento dell’amore del prossimo. La novità di Luca è che il dottore della Legge non si concentra sulla teoria della fede («qual è il comandamento?»), ma sulla prassi: «cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Una possibile interpretazione di questo slittamento dalla contemplazione all’azione sta nei lettori degli evangelisti. Luca ha molti più lettori provenienti dal paganesimo, i quali non avrebbero saputo individuare subito il senso della risposta che cita Dt 6,5 e Lv 19,18 senza un conseguente risvolto pratico.
  • Dialogo incalzante. Tra il dottore e Gesù c’è un dialogo dal ritmo intenso. Il dottore pone una domanda; Gesù ribatte con una controdomanda; il dottore risponde; Gesù incalza con una conferma e incoraggiamento (vv. 25-28). Il dottore vuole giustificarsi e pone una seconda questione; Gesù risponde con una parabola che scopriamo parlare di se stesso (lo scopriamo noi, ma l’ascoltatore del momento non è detto che ne abbia avuta avvertenza come noi che conosciamo tutta la vicenda di Gesù); al termine Gesù pone una domanda che si rivela essere fondamentale per risponde a quella del dottore nel v. 25; il dottore risponde; Gesù chiude aprendo l’interlocutore a quel modo di vivere (Gv 13,15.34; 15,10-12) che già realizza la vita eterna (Mt 6,10).
  • Ereditare - Amerai. Credo che questa coppia di verbi debba farci riflettere sullo strano accostamento. Ereditare è l’azione propria dell’erede, cioè del figlio che riceve dal padre la parte di patrimonio che gli spetta (Lc 15,12). Se il figlio eredita gratuitamente, si chiede a Gesù cosa «fare per ereditare» perché Luca vuol far riconoscere ai suoi lettori che lui è il Figlio e in lui ci è aperta la via della vita eterna (Gv 14,6). È strano che si accosti all’ereditare il fare piuttosto che l’essere. Il figlio non esercita un mestiere, ma ha ricevuto gratuitamente la figliolanza nel nascere. Al verbo ereditare, inoltre è accostato il verbo amare. Sorge spontanea un’altra domanda: perché è un imperativo? Si può comandare l’amore? Se leggiamo questa parola con il nostro retroterra culturale condito di romanticismo, la risposta è no. Se invece recuperiamo il senso originale del testo, la risposta è sì. Amare è il coinvolgimento esistenziale per cui la Scrittura riconosce che Dio ama (Dt 7,8; Sal 149,4; Sap 7,28) e che anche l’uomo e la donna sono fatti per amare (Tb 4,13; Sir 13,15; Rm 13,8). «Amerai» non è romanticismo dei sentimenti, ma il comando di essere se stessi nella carità: «sii figlio e sii fratello/sorella». Giovanni testimonia che vivere così è già l’ingresso nella vita eterna, già in questo tempo terreno: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3,14).

L’incontro tra il dottore e Gesù diventa per me, lettore del Vangelo, l’incontro tra la mia ricerca di senso, verità e pienezza e il Signore che mi invita a seguirlo, imitando il suo farsi «prossimo/vicino» all’umanità. Chi segue lui, ha la luce della vita (Gv 8,12). Il suo comandamento è antico e nuovo: amare Dio e amarsi reciprocamente è vivere il comandamento dell’erede, del figlio (1Gv 2,7-8; 4,21).



Il comandamento di Dio: Qo 12,13; Sal 112; 119-32.127; Sir 1,26; Mt 15,3; 19,17; 28,20; Mc 7,8; Lc 18,19-20; Gv 12,50; 14,15; Rm 7,8-13; 13,9; 1Tm 6,14; Ap 14,12;

Il prossimo/vicino: Lv 19,18; Sal 101,5; Sir 34,22; Ez 22,12; Mt 5,43; Rm 13,8; Gal 5,14; Gc 4,12.


Luca 10,25-28 - Il comandamento

L'incontro tra Gesù e il dottore della Legge è paradigma della mia ricerca di verità, di senso e di pienezza. Il Signore guida nella maieutica del cercare in se stessi la risposta alla domanda: erediterò la vita eterna?

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