Romani 8,18-27 Vita nuova in Cristo

Romani 8,18-27 Vita nuova in Cristo

Romani 8,18-27
Vita nuova in Cristo




18 Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. 19 L'ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. 20 La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità - non per sua volontà, ma per volontà di colui che l'ha sottoposta - nella speranza 21 che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. 22 Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. 23 Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. 24 Nella speranza infatti siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto, non è più oggetto di speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe sperarlo?25 Ma, se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza.
26 Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; 27 e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.
(Bibbia CEI 2008)

Commento:

Romani 8,18-27


In questa sezione della lettera Paolo descrive la vita del credente nello Spirito. I versetti che leggiamo si comprendono leggendo i precedenti sulla figliolanza divina e i successivi sulla vittoria dell’amore di Cristo. Paolo incoraggia i Romani a pregare incessantemente, riconoscendo che il dialogo con Dio è un dono del Signore. Nell’abissale differenza fra Creatore e creatura, lo spiraglio di dialogo è concesso dallo Spirito di Dio che parla al nostro spirito (Rm 8,16), rivela le profondità di Dio (1Cor 2,9-10), sostiene la debolezza (v. 26), forma amici di Dio e profeti (Sap 7,27).

Due coppie di polarità su cui riflettere e l’insegnamento della preghiera.

  • Sofferenza e gloria. La sofferenza è legata al vivere attuale, mentre la gloria alla vita futura ed eterna. Tutte le cose create soffrono (v. 20), come le doglie di un parto, finché non sia rigenerato tutto nella novità (Ap 21). Anzitutto l’umanità è nei gemiti in attesa della salvezza (v. 23). Cosa fa soffrire? La caducità (v. 20) per cui tutto si corrompe (v. 21), segno della continua dissoluzione delle cose, e la lontananza da Dio, finalmente abolita dall’adozione a figli (v. 23) in Gesù.
  • Attesa e compimento. L’attesa è legata al tempo dell’uomo, come il compimento a Dio. Noi sappiamo che Gesù è il compimento delle promesse del Padre, ma siamo altresì consapevoli che in questo tempo viviamo nella fede e non nella visione (v. 24). Attendiamo una realtà di pace duratura che strappi alla solitudine eterna. Guardando Cristo ci è fatto dono della speranza in cui siamo salvati (v. 24). In che senso? Cristo è la porta della vita beata (Gv 10,7), attraverso lui si è nel Padre (Gv 14,10) e ci è donato di poterlo vedere così come egli è (1Gv 3). Essere a immagine di Dio (v. 27; Gen 1; Sap 2,23) ci fa gemere dunque nell’attesa della salvezza come una nostalgia (Agostino), nel desiderio e nella speranza (Rm 5,2-5) di giungere dove lui è (Ef 1,18.22-23; Fil 3,20). La nostra esistenza è nella provvisorietà del vaso di creta (2Cor 4,7), ma anche nella leggerezza del velo della tenda (2Cor 5,1): copre la visione di Dio, ma non impedisce di sentirne la voce (Ap 3,20).
  • Come preghiamo? Dio ha messo in noi lo Spirito che ci fa desiderare ciò che Dio desidera. È uno spirito “da figli” (Gd 17-23) che continuamente ricorda al nostro cuore il legame al Padre (Rm 8,14-17). Il peso delle sofferenze attuali e i richiami del maligno non ci fanno pregare come si conviene, potremmo chiedere male (Gc 4,3-5), ma Dio non ci abbandona e nel Figlio insegna a pregare (Mt 6,6) e ad avere fede in ciò che attendiamo (v. 25; Eb 11,1). Poiché lo Spirito ci abilita e il Figlio ci insegna, allora noi sappiamo pregare e dire “Padre” (Mt 6,9; Mc 14,36; Rm 8,15). Nessuno di noi saprebbe veramente come pregare se non ci fosse lo Spirito. È vero anche che il peccato offusca la voce dello Spirito. Quale sia la verità di ogni cuore solo Dio la conosce, perciò il suo Spirito sostiene la nostra debolezza (v. 26), collaborando insieme al Padre alla rigenerazione della creazione, ardente attesa di tutta la storia (v. 20; Ap 21,1).


Altri riferimenti

Attendiamo il regno come una dimora (Filippesi 3,20; Apocalisse 21), siamo nel suo corpo (Efesini 1) che ci fa vivere (Giovanni 10) e pregare (Giovanni 14) nell’attesa di incontrare Dio (Ebrei 11; 1Giovanni 3) nostro Padre (Matteo 6; Marco 14; Giuda 17)


Romani 8,18-27 Vita nuova in Cristo

Paolo invita i Romani a pregare senza sosta perché lo Spirito di Dio che inabita il cristiano parli allo spirito dell'uomo e gli insegni a pregare convenientemente. L'attesa della speranza è Cristo per questo in lui siamo salvati.

Continua...
Ricerca nel Blog