Il discorso che leggiamo in questi versetti e nei successivi è pronunciato da Pietro, ma è ben evidente dall’incipit che non è attribuito a lui soltanto. Il testo, infatti, riporta che Pietro e gli Undici si alzarono in piedi (totale Dodici perché c’è Mattia al posto di Giuda Iscariota At 1,15-26) e lui per tutti parlò alla gente convenuta nei pressi della casa. Nei versetti precedenti leggiamo che tutti avevano profetato e si erano espressi “nel modo in cui lo Spirito dava loro potere” (2,4), mentre ora è Pietro che per tutti ad alta voce insegna.
Il discorso di Pietro copre quasi tutto il capitolo 2 e per il commento in queste pagine è stato diviso in quattro parti: le prime tre fanno riferimento alle tre grandi citazioni dell’Antico Testamento, mentre l’ultima è la conclusione con il dialogo tra Pietro e gli uditori. Segue nei versetti 42-47 un sommario sulla prima comunità cristiana.
Pietro esordisce dicendo che loro non sono ubriachi. È l’insinuazione di 2,13. I destinatari del discorso sono gli uomini di Giudea e gli abitanti di Gerusalemme. I secondi sono lì presenti perché cittadini del posto, i primi invece si sono radunati per l’occasione della festa di Pentecoste aggiungendosi a quelli. Poiché tale discorso non si rivolge a un unico destinatario, ma a molti (potremmo aggiungere tutti gli stranieri elencati nei vv. 9-11), possiamo a giusta ragione definirlo missionario in due sensi. È missionario perché dà testimonianza dell’opera dello Spirito che è Dio agli Israeliti che attendono la manifestazione di Dio. È missionario perché supera i confini del popolo di Israele pur essendo pronunciato ancora in questa terra.
La prima citazione grande è del profeta Gioele e serve a introdurre ciò che Pietro dirà nel v. 33, ovvero che Dio Padre ha effuso lo Spirito Santo promesso.
La citazione del profeta richiama un tema caro anche ad Amos nell’Antico Testamento e a Paolo nella 1Corinzi: il giorno del Signore, il tempo del Messia.
Inoltre è concorde con le parole di Gesù in Matteo 24 quando preannuncia questo giorno e mette in guardia i suoi dal pericolo di non riconoscerlo.
I segni descritti in questa citazione coinvolgono il cielo e la terra, ma l’attenzione dei discepoli non deve farsi distrarre da tutto questo. Il loro obiettivo è riconoscere l’avvento del Signore per invocarne il nome, infatti “chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”. Cosa farà il Signore in questo giorno? Egli effonde lo Spirito. Il Signore che è amore, amando effonde se stesso verso le creature, che sono da sempre destinatarie del suo amore, di se stesso. Quando lo Spirito è accolto dalla persona, questa parla e dunque finalmente prega perché la parola dello Spirito è la parola intima che si dirige verso il Padre da cui è venuta (Is 55; Rm 8; 1Cor 14).
Paralleli e approfondimenti
Il discorso della montagna si apre con le "beatitudini" quasi autoritratto di Gesù e invito al discepolo che vuole seguirlo più da vicino a sperimentare la consolante certezza che il Regno dei cieli è già qui
Continua...La parola aramaica utilizzata per dire agnello talya’ ha anche il significato di servo/ragazzo (reminiscenza del sacrificio di Isacco, Gen 22,2-9). È allusione all’agnello pasquale poiché Cristo è salva dalla morte eterna per condurre alla vita di Dio.
Continua...Dio è benedizione e pace. Egli comunica se stesso e può essere portato ai fratelli quando l'uomo custodisce e dona vita e pace.
Continua...