Romani 8,14-17 - Vita nuova in Cristo
Vita nuova in Cristo
14Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio.
15E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».
16Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio.
17E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
(Bibbia CEI 2008)
Commento:
Romani 8,14-17
Il cristiano è conformato al Cristo accolto. Lo Spirito di Dio opera la trasformazione intima della persona, come l’amore cambia il modo di vivere, di guardare la realtà e di impegnarsi nel mondo. Quando si è innamorati, chi non ha forza, la trova e chi non è coraggioso, lo diventa. Al contrario, vivere nel timore del fallimento, sentirsi oppressi dalla colpa e non avere la sensazione di qualcuno che ci attenda, dà peso al quotidiano. È ciò che Paolo esprime nell’opposizione schiavitù/figliolanza, dalle quali partono due strade differenti: la via della paura e la via della fiducia.
- Spirito da schiavi - Spirito da figli. Lo spirito da schiavi è il maligno e nemico dell’uomo. Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali ne delinea bene la fisionomia (ES 32; 313-336). Lo spirito da schiavi non vuole la vita piena della persona, per questo pesa sul cuore come un macigno, consuma le motivazioni della vocazione e indebolisce la capacità di riconoscere la voce di Dio. Se agisce con il rimorso e l’odio palesi, è perché vuole scoraggiare il cuore nel cammino verso il Signore. Se, invece, agisce con l’inganno, mostrandosi come bene alternativo a Dio, è perché l’anima è avvezza a riconoscere il male e non lo seguirebbe, se questo non si nascondesse dietro apparenze piacevoli e allettanti (2Cor 11,14). Lo Spirito da figli è lo Spirito di Dio, che ripete al cuore le parole dette dal Padre al Figlio (Mt 3,17; 17,5) e ci dichiara tutto il suo amore. Nel Vangelo di Luca c’è una parabola meravigliosa e commovente sul Padre come Colui che ama con tutto se stesso i figli, anche se questi non ne hanno conoscenza e riconoscenza grata e non sanno rispondere adeguatamente (Lc 15,11).
- Abbà! Padre! Rivolgersi a Dio chiamandolo Padre è l’insegnamento che lo Spirito di Dio dà al nostro spirito. Come Gesù testimoniò il legame speciale e unico con il Padre, così anche noi siamo fatti capaci di alzare lo sguardo al cielo e rivolgerci al cuore di Dio. La novità che Gesù ha portato è proprio questo rapporto confidenziale con Dio nel quale lo Spirito Santo inserisce anche noi. «Abbà» è il tono amorevole del figlio verso il babbo ed è la prima parola sulle labbra di chiunque voglia pregare, come Gesù ha insegnato: «Quando pregate, dite: “Padre!”» (Lc 11,2).
- Coeredi di Cristo. Il tema dell’eredità celeste è presente nel Nuovo Testamento in modo diffuso. La prima volta che ne troviamo menzione è nelle beatitudini di Matteo: «Beati i miti, perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,5). Per ora, è sufficiente questo versetto per illuminarci. Si parla di una terra da ereditare. Alla lettera pensiamo a un terreno fisico, un campo o un appezzamento. In senso figurato il rimando è al regno dei cieli, terra promessa in eterno, che richiama la terra paradisiaca perduta per il peccato (Gen 3,23). Chi è che eredita una terra? Il figlio. Il mite che riceve in eredità la terra, è chi non ha bisogno di usurparla (Mt 21,38), ma la riceve perché vive con il Padre e da Lui riceve ogni bene. Il Figlio non deve sostituirsi al Padre per ricevere perché tutto ciò che è del Padre, è anche del Figlio (Lc 15,31; Gv 16,15).
- Sofferenze e gloria. La sofferenza di cui si parla non è la passiva accettazione della vita, anzi il figlio è protagonista nella casa del padre. Essa è la condivisione tanto della fatica quotidiana, quanto dei traguardi di gioia che attraverso di essa si possono raggiungere. Ancora una volta è illuminante l’esempio di Ignazio di Loyola e come consideri il rapporto sofferenze/gloria nella meditazione delle due bandiere (ES 137-148). Per quale re sei disposto a dare tutto te stesso, sperando di poter poi condividere la stessa gloria?
Le parole di Paolo in questi versetti sono molto intense. Ogni espressione è carica di significato e si potrebbe approfondire ancora. Quello che conta, però, non è esaurire tutto quello che si può dire, quanto sperimentare profondamente, nella propria esistenza, la grazia di incontrare Dio e sentirsi dire al cuore «Tu sei mio figlio». Contemplare, meditare e gustare Dio che mi incontra e mi dice: “Figlio, ti voglio bene!”
Questi è mio Figlio: Mt 3,17; 17,5; Mc 9,7; Lc 9,35; Gv 1,34; 2Pt 1,17;
Abbà/Padre: Sal 89,27; Ml 2,10; Mt 6,4.9; 10,29; 26,39; Mc 14,36; Lc 11,2; 22,42; Gv 4,21; 14,31; Gal 4,6; 1Gv 3,1;
Usurpare, uccidendo l’erede: Mt 21,38; Mc 12,7; Lc 20,14.