L’evangelista Marco in 4,26-29 riporta un insegnamento di Gesù. Con la metafora del seme racconta che il regno di Dio è qualcosa di misteriosamente piccolo e vivo, nascosto e potente, apparentemente insignificante, eppure capace di dare origine a qualcosa di nuovo. È presto per fare bilanci sul pontificato appena concluso, ma il titolo di profeta Papa Francesco l’ha guadagnato già da tempo. La sua morte segna la fine di una guida e di un magistero che hanno parlato al mondo, ma per pesare e valutare la sua “eredità” è ancora presto. Bisognerà attendere che i semi germoglino e che maturino anche i frutti. La sua voce, il suo stile, le sue scelte — amate da molti, criticate da altri — hanno lasciato un’impronta, ma sono soltanto dei semi. È con questa similitudine parabolica che voglio leggere alcuni tratti del suo ministero, nel contesto del cambiamento d’epoca che attraversiamo. Inoltre, sono certo che, proprio perché egli ha piantato dei semi, noi possiamo cogliere la sua figura come quella di un profeta: non di chi predice il futuro, ma di chi lo prepara, di chi lo interpreta alla luce di una Parola che trasforma. È in questa ottica che si possono rileggere le parole e i gesti di inizio pontificato, mai contraddetti nel resto degli anni. Francesco ha vissuto il ministero cercando di portare Cristo sempre più al centro di tutto. Lo affermò nella prima Messa in San Paolo fuori le mura il 14 aprile di 12 anni fa e lo ha ribadito in ogni occasione (san Paolo aggiungerebbe “opportuna e non opportuna”, cfr. 2Tm 4,2). Non che Cristo non sia già al centro della vita cristiana, ma si tratta di cogliere la sfumatura di differenza per cui c’è un “di più” per il quale vale la pena di non stancarsi mai. L’idea di Cristo, infatti, può essere al centro anche quando è colonizzata da volontà di potere e la sua immagine è sfruttata per dominare sugli altri. Ma non per questo Cristo è davvero al centro dell’azione. Cristo, infatti, non colonizza e non fa sudditi. Egli libera dal male e dalla paura della morte, annunciando a tutti la dignità di figli amati da Dio e sorelle e fratelli in lui. Per questo chi non ha ancora Gesù al centro della propria vita è qualcuno che non è stato ancora informato dalle novità del battesimo e dell’eucarestia. Il seme del regno attende di essere piantato nel terreno buono che è il cuore di ciascuno. Il primo seme è lo stile della sua leadership. Tra le prime parole-chiave del pontificato, ce n’è una che più di tutte è diventata simbolo del suo sguardo sul tempo presente: “Non viviamo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca”. Con questa consapevolezza, Francesco ha provato a guidare la Chiesa non tanto con l’autorità del ruolo, ma con la credibilità di chi cammina aprendo dei varchi di passaggio per il prossimo. Non si è limitato a osservare i mutamenti del mondo, ma li ha letti da pastore, riconoscendovi come i sintomi di un desiderio più profondo: quello di ritrovare il senso della storia e la posizione dell’umanità in essa. La profezia della sua leadership è nel suo “manifesto programmatico”, l’esortazione Evangelii Gaudium: un invito a ritrovare la gioia del Vangelo, a uscire da una Chiesa autoreferenziale, chiusa nelle sue logiche, per diventare casa accogliente, vicina, missionaria. Concetto ribadito nell’Angelus del 20 settembre 2020: “Preferisco una Chiesa incidentata perché in uscita piuttosto che malata per la chiusura”. In questo, Francesco ha saputo interpretare la sete di autenticità del nostro tempo. Un secondo seme è nell’accostamento tra la conversione pastorale e la richiesta di una conversione ecologica (enciclica Laudato Si’), dove spiritualità e politica, liturgia e giustizia, ambiente e cura dell’altro, si intrecciano in una visione integrale. L’ecologia, per Francesco, è stata una grammatica nuova per parlare di Vangelo: tutto è connesso, e tutto si gioca nella capacità di custodire. Di custodire la terra, i legami, le culture, i poveri, la pace. Una visione che si è fatta ancora più urgente nel documento successivo Laudate Deum, dove la denuncia del disinteresse ambientale è intrecciata alla consapevolezza che tutte le parti della realtà sono in relazione reciproca. Il tutto connesso rivela che tutti siamo interdipendenti e che: “nessuno si salva da solo”. Questa verità, affermata in una piazza San Pietro drammaticamente e simbolicamente vuota il 27 marzo 2020, è più di uno slogan: è il seme di una verità che deve ancora germogliare in traduzioni di fraternità vissuta. Ecco allora il senso di un altro seme: l’enciclica Fratelli Tutti. Sintesi del cuore e slancio di desideri, ci consegna una Chiesa che non si accontenta di predicare, ma sogna una politica dal volto umano, una cultura dell’incontro, un mondo meno violento e più giusto. Il seme della fratellanza porta con sé il desiderio di un frutto particolare: la pace. Il gesto profetico del bacio dei piedi ai leader del Sud Sudan l’11 aprile 2019 è da leggersi nell’ottica biblica del desiderio di una pace autentica e duratura (cfr. Is 52,7). Si tratta di un gesto rivoluzionario e al di fuori di ogni protocollo, il segno di un abbassamento che ha suscitato insieme i cori opposti delle aspre critiche e della tenera commozione. Eppure Francesco è stato anche questo, ovvero un uomo fedele al desiderio di pace tra tutti e di attenzione verso i più deboli e più poveri. Papa Francesco non ha preteso di piacere a tutti. Ha accettato le contraddizioni e le fatiche del suo ruolo, restando però fedele a un’intuizione fondamentale: la fede non è un rifugio, è un’esposizione. Nell’Angelus del 14 agosto 2022 e il Papa invita nella fede a esporsi e agire. Agire per amore. Agire per annunciare. Agire per curare e guarire. Il tempo dirà cosa resterà del suo magistero. Ma già ora possiamo dire: ha parlato il linguaggio dei profeti e ha seminato germi di bene e di pace di cui abbiamo tanto bisogno. Ha visto oltre e, come in una contemplazione mistica di ciò che è ancora un seme, ci ha chiesto di guardare con lui i frutti che possono nascere da un albero radicato nella parola del Vangelo di Cristo. I semi di un profeta nel tempo del cambiamento d’epoca
Quali sono i semi della profezia di Francesco?
In eredità semi da far germogliare



















