Paralleli e rimandi
Es 3,7-8; 12,4 | Dt 6,5; 7,8 | Lv 19,18 | 2Re 17,24-41 | Esd 4,10 | Tb 4,13 | Gdt 9,11 | Est 4,17 | Gb 29,12 | Sal 22,20; 27,9; 40,18; 63,8; 118,13; 121,2 | Sir 34,19; 50,26; 51,2 | Is 10,11; 49,8; 53,5 | Ger 23,13 | Ez 16,46 | Mi 1,5 | Mt 10,7; 25,31-46; 27,26.38 | Mc 15,15.27 | Lc 1,54; 9,52-53; 11,2; 17,11-19; 23,4.33.43 | Gv 1,5; 4; 13,35; 18,38; 19,1-4.18 | At 6,1-7; 8,14; 9,31; 10,35; 11,29; 20,35 | 2Cor 6,2 | Fil 2,8 | Gc 1,27 | 1Pt 2,25 | 1Gv 3,14
Nel commento ai vv. 25-28 ho anticipato che questa parabola ha un sapore autobiografico per Gesù. L’episodio è tipologico ed è raccontato per rispondere al tentativo di giustificazione del dottore della legge. «Volendo giustificarsi» ha almeno due livelli di significato: il dottore dichiara giusto se stesso perché conosce bene la Legge (la risposta del v. 27 è esatta); secondo punto: la Legge fa diventare giusti, quindi cosa manca per essere riconosciuti tali anche da Dio? Non è evidente se il giustificarsi sia il tentativo di allontanarsi dal giudizio del v. 13 contro chi non ha riconosciuto in Gesù la visita di Dio o il sincero desiderio di seguirlo, come l’incoraggiamento del v. 37 potrebbe farci ipotizzare.
In questa storia di divisioni e rifiuti si inserisce il Signore. Egli è il Totalmente Altro che si coinvolge nella storia dell’uomo ferito e percosso dagli idoli che rubano il cuore, la dignità e il senso del vivere. All’uomo, ingannato dal maligno e lasciato mezzo morto nei vicoli della storia, viene incontro Colui che avrebbe potuto restare indifferente nella propria gloria. Egli ha osservato la miseria e le sofferenze, ha udito il grido dell’uomo percosso dai mali ed è sceso per liberarlo (Es 3,7-8). Egli viene come luce per splendere nelle tenebre del mondo (Gv 1,5). La vicinanza di Gesù non è la pacca sulla spalla del malcapitato incappato in qualche miseria. Infatti, per farsi Samaritano dell’uomo, si fa egli stesso vittima del male che attanaglia il mondo. Egli si lascia percuotere e piagare (Is 53,5), affinché l’uomo sia guarito e salvato dal suo male (1Pt 2,25). Gesù è l’uomo malmenato senza colpa (Mt 27,26; Mc 15,15; Lc 23,4; Gv 18,38; 19,1-4) che finisce tra briganti e malfattori (Mt 27,38; Mc 15,27; Lc 23,33; Gv 19,18). In questa spoliazione estrema della divinità (Fil 2,8), Gesù buon Samaritano (cfr. Prefazio Comune VIII) offre all’uomo, vittima del male e del peccato, la misericordia e il soccorso: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43). Le parole di Gesù al ladrone richiamano il canto di Maria all’inizio del Vangelo: Dio soccorre Israele (Lc 1,54).
Noi siamo un po’ tutti i protagonisti del testo. Siamo il dottore che cerca la verità; siamo anche Gesù quando aiutiamo il fratello e la sorella ad entrare nell’amore del regno. Siamo il sacerdote e il levita che sanno «giustificarsi» con la Legge o con scuse banali e assolvere la comodità della propria indifferenza; siamo anche il Samaritano quando camminiamo accanto ai feriti della vita senza giudicarli. Siamo i briganti quando usurpiamo la libertà e la coscienza altrui; siamo anche il malcapitato quando questo accade a noi. Nella Vangelo troveremo un altro Samaritano che il Signore indica come modello. È il lebbroso guarito, l’unico su dieci che torna a ringraziare e per questo è anche salvato (Lc 17,11-19).
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