I versetti che leggiamo sono parte del “discorso del pane”. In particolare leggiamo la rivelazione di Gesù che afferma di sé: “Io sono il pane della vita” e “Il pane vivo”. Il discorso è pronunciato nella sinagoga di Cafarnao (v. 59). Alcuni punti di riflessione:
- Io-Sono. Fa da inclusione (v. 49 e 58) a questi versetti il rimando alla manna nel deserto (Es 16). Gesù afferma che i padri mangiarono quel cibo e il corso della vita continuò ordinariamente come tutti i mortali. Nella manna Cristo era prefigurato (1Cor 10), ma ora il pane che offre è se stesso. Poiché Egli è la vita del mondo (v. 51), la forza vitale del cibo che offre, dura in eterno. Io-Sono è la formula di rivelazione divina ricorrente nel Vangelo (7 volte in Giovanni) e richiama Esodo 3,14. Gesù apre l’accesso al Padre e rivela il suo desiderio di comunione con i figli. “Io-sono il pane della vita” significa che si fa dono come alimento (v. 55): è un anticipo dell’offerta di sé nel sacramento del pane e del vino durante l’ultima cena. “Io-Sono il pane vivo/vivente” significa che non solo è alimento, ma energia vitale. Tutti gli alimenti danno energia, secondo la propria natura. Ciò che è terreno, dà una forza limitata a questa terra. Egli, che è Dio, non si esaurisce in questo tempo: è la vita (1,4) e fa vivere chi si innesta in lui (10,10 e cap. 15).
- Mangiare la carne e il sangue. Gesù afferma che la sua carne è il pane che discende dal cielo (v. 51). Cosa significa? Le espressioni mangiare la carne e bere il sangue, ci fanno percepire un linguaggio forte, crudo, intenso, tanto che i Giudei rifiutano queste parole (v. 52). Giovanni fin dall’inizio del Vangelo insiste sulla carne assunta dal Verbo (1,14), sottolineando la volontà del Padre di toccare l’umanità nella debolezza più estrema. Secondo il linguaggio biblico, “carne” è la condizione di mortalità e debolezza, che il Figlio di Dio sceglie di abitare e fortificare. Ecco allora che: discendere dal cielo indica l’origine divina, andare verso la terra significa l’assunzione dell’umano in tutta la fragilità e il passaggio semantico da pane a carne significa che Dio si fa accessibile, secondo la nostra capacità di accoglierlo per elevarci a ciò che Lui è (Atanasio, Ireneo e Leone). La croce, verso cui tutto il Vangelo tende, è il definitivo “per” gli altri.
- Relazioni vitali. Il Padre è la vita e ha la vita. Egli ha dato all’uomo il proprio soffio (Gen 2,7) e la possibilità unica della relazione con Lui. Rovinata la relazione dal peccato (Gen 3), non è perduto l’amore del Padre (Lc 15), il quale dona il Figlio per radunare a sè tutti i suoi figli (Lc 19,10; Gv 11,52).
Gesù è dunque il compimento delle promesse e delle attese del popolo di Israele, anche se i suoi ascoltatori non ne accettano l’origine divina. Egli porta la comunione con il Padre, che è il nostro tutto in tutte le direzioni vitali: è il passato perché da Lui veniamo, è il presente perché è la vita in cui viviamo (At 17,28) ed è il futuro perché verso Lui camminiamo. Come si unisce a ognuno di noi oltre l’incarnazione? Come ci nutriamo di lui? Non lo dice chiaramente in questi versetti, ma lo apprendiamo dal Vangelo intero. Nutrirsi di Gesù è ascoltarlo (Parola), accoglierlo (Sacramenti), servirlo (carità), testimoniarlo (comunità e testimonianza).
Paralleli e approfondimenti
- Cristo è la fonte d’acqua viva (Giovanni 4; 1Corinzi 10,3)
- Ultima cena (Luca 22,19-20 e //i; 1Corinzi 11,24)
- Prefigurato simbolicamente nel deserto: pane (Esodo 16 e Numeri 11) e acqua (Esodo 17 e Numeri 20); 1Corinzi 10