I capitoli precedenti narrano della Chiesa di Gerusalemme. Leggiamo ora la crescita (6-12) da Gerusalemme ad Antiochia e le prime missioni. Qui c’è una narrazione dello sviluppo dell’attività missionaria con l’istituzione della diaconia (servizio) e ci segue la storia del primo martire Stefano (6,8-8,1a).
Non leggiamo il sostantivo diaconi, bensì diaconia, cioè servizio. L’istituzione dei Diaconi è voluta dai Dodici. Questi convocano l’assemblea dei discepoli e prendono provvedimenti in merito alla questione delle lacune nel soccorso dei poveri. Notiamo due gruppi linguistici e ciò era dovuto alla differente origine e lingua (anche alcune sinagoghe vivevano la stessa situazione). La decisione di istituire alcuni per la diaconia non è nuova nella Scrittura. Il primo a scegliere collaboratori fu Mosè su consiglio del suocero (Es 18,13-27 e Dt 1,9-18). La loro creazione avvenne appena usciti dall’Egitto. Parimenti per la Chiesa primitiva questo accade dopo il primo periodo di sofferta e gioiosa nascita ed espansione. Come gli Israeliti, anche la prima Chiesa, potremmo dire, passò attraverso le doglie di una generazione in cui l’esodo dal passato e la crescita del nuovo (2,41.47; 6,1) sono guidati dall’assistenza dello Spirito. Lo Spirito suggerisce le decisioni e accompagna la missione (8,29; 15,28).
I Dodici continueranno il ministero della Parola e della preghiera, i Sette si dedicheranno alla Diaconia e alla preghiera (sottintesa qui, esplicita in 2,42, secondo l’insegnamento di Gesù in Lc 18,1-8).
Perché aumentare collaboratori e struttura? Perché il popolo non sia senza pastori, come Mosè stesso aveva chiesto a Dio (Nm 27,16-17); i Dodici conoscono bene la Scrittura. La struttura della prima Chiesa che apprendiamo da queste informazioni è: la Chiesa è grande e in crescita, sotto la presidenza dei Dodici, ricca della vitalità attiva di tutti i discepoli. Questi, come nell’attuale rito di ordinazione (ricordo i nostri), presentano ai Dodici (al vescovo) gli uomini scelti per il servizio: di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza (proprio come il servo del Signore di Is 12,2-3 e Lc 4,16-21). La sottolineatura di Stefano è preambolo alla narrazione successiva. Egli per tutti incarnerà l’immagine di Gesù (cap. 7). La specificazione aggiunta a Nicola e il numero 7 sottolinea la grande diffusione del Vangelo (sette erano le comunità straniere scacciate dalla terra di Canaan) ed è una nuova missione, senza lotte e nel servizio (13,18-19).
Il gesto di imporre le mani è ripetuto diverse volte (13,3; 1Tm 4,14) ed è segno del dono dello Spirito che consacra. L’imposizione delle mani è chirotesia (keiros = mano e tithemi = porre) o chirotonia (teino = tendere) ed è il gesto che si ripete ancora oggi nel conferimento del sacramento dell’Ordine.
Paralleli e approfondimenti
- Mosè ha bisogno di collaboratori (Esodo 18,13-27; Numeri 27,16-17; Deuteronomio 1,9-18)
- La Chiesa cresce continuamente (Atti 2,41; 2,47; 6,1)
- Lo Spirito suggerisce (Atti 8,29; 15,28) e consacra (Isaia 12,2-3; Luca 4,16-21)
- Pregare senza sosta (Luca 18,1-8 + Gesù nel Getsemani; Atti 2,42)
- Imposizione delle mani nella Chiesa primitiva (Atti 13,3; 1Timoteo 4,14)