Il ritorno degli esiliati è come un nuovo esodo per Israele che deve ricominciare ad essere un popolo pacificato e unito. Il punto unificatore è il Signore verso il quale tutti i dispersi camminano; Egli è pace e unità. Queste tematiche sono comuni a Is 40.
Fondamentale è il primo versetto che riprende e rinnova quanto riportato poco prima in 30,22. La promessa di 30,22, infatti, parte dalla prospettiva del popolo che riconosce di appartenere al Signore e questi si mostra suo Dio. Ora, invece, è Dio per primo che, con la formula dell’alleanza, assicura di essere punto di ancoraggio della fede di tutte le famiglie/tribù di Israele e questi rispondono riconoscendolo unico Dio. L’ordine delle espressioni è A-B in 30,22; B’-A’ in 31,1. Considero il v. 31,1 come introduzione del capitolo, sebbene il discorso diretto potrebbe suggerire di considerarlo parte integrante di quanto iniziato in 30,16.
- Amata di amore eterno. I vv. 2-6 sono di grande profondità. Geremia intreccia l’esperienza attuale degli esiliati a quella storica dei protagonisti dell’esodo. Sentiamo inoltre la voce del Signore che parla: nel v. 1 il messaggio di Dio è consegnato nel discorso indiretto; nel v. 2 il profeta riporta le parole di Dio; nel v. 3 finalmente Dio parla direttamente, senza quasi che il profeta debba fare oltre da intermediario. La gradualità del manifestarsi divino è bontà di Dio che vuole raggiungere il cuore dei suoi eletti. Chi sono questi eletti, amati fin dall’eternità? Sono tutti i figli di Dio oppressi che camminano verso la pace. Ecco allora che il v. 2 parla di deserto e spada. Il deserto è la prova del popolo guidato da Mosè secoli prima, invece la spada rappresenta la condizione degli esiliati del tempo di Geremia. La quieta dimora (v. 2) è la pace eterna in cui riposano i padri, mentre Sion è il centro del culto ritrovato (v. 6). Camminare verso entrambi significa camminare verso Dio perché Egli solo è la pace di ogni cuore. Ora riconosciamo che queste parole sono profezia di Cristo, quando in Ef 2,14 è detto pace e unificazione dei cuori dei figli di Dio. L’amore eterno esprime la fedeltà di Dio.
- Edificare, danzare, piantare, gridare, salire. Il linguaggio profetico richiama temi diffusi nel testo (Ger 1,10; 2,2; 18,7) e in altri profeti (Is 65,21; Os 2,16-17; 11,1; Am 9,14). Ciò che Israele riceve dal Signore è la benedizione di una vita che cresce nella pace. Edificare e piantare simboleggiano il futuro per il quale si può progettare. Danzare e gridare (o cantare) manifestano la gioia per il bene ritrovato. Salire è profezia di unità nello stesso culto per cui non vi è più un regno separato (Nord-Sud), un popolo disperso (patria-esilio) o gente impedita nel gaudio (danzare-cieco/zoppo/donna gravida). Salire, infatti, è l’ultimo movimento necessario nel cammino verso Sion e nessuno si sentirà più separato da Dio.
- Io sono un padre per Israele. Il profeta conosce bene le immagini con cui Dio si è fatto conoscere da Israele. Dio che chiama se stesso «padre» per Israele è un rimando alla cura di cui danno testimonianza la letteratura sapienziale (Gb 31,18; Pr 3,12; Sap 11,10), storica (1Cr 29,10), profetica (Is 63,16; 64,7; Ml 3,17) e il Deuteronomio (Dt 8,5; 32,6). Il Nuovo Testamento è la rivelazione definitiva di questa verità (Mt 23,9). È una dichiarazione che supera il semplice affetto e tocca tutte le corde dell’umanità. Il cieco, lo zoppo e le donne gravide (incinta o in procinto di partorire) sono rappresentanti di coloro che non camminano più. Simbolicamente rappresentano coloro che sono impediti nel cammino libero e spedito e hanno bisogno di essere risollevati, sostenuti, liberati.
Il cieco è colui che ha bisogno anzitutto della luce per godere del mondo. Il Signore è luce e salvezza (Es 13,21; Sal 27,1; Sir 50,29; Is 2,5; Gv 8,12; 9,5). Lo zoppo forse poteva camminare, ma è inciampato negli ostacoli della vita ed è rimasto bloccato, nessuno lo ha riabilitato perché riprendesse a camminare. Il Signore è la guida e la strada verso la vita (Sal 5,9; Pr 20,24; Sir 50,29; Is 41,10; 43,16; 48,17; Gv 14,6). La gravida e la partoriente sono donne che vivono il desiderio del futuro; la vita che portano in grembo dice a un tempo dipendenza da loro e anche soccorso di cui esse hanno bisogno dall’esterno. Il Signore è il sostegno di chi genera speranza (Is 26,17).
Paralleli e approfondimenti
- Altri riferimenti: Dt 1,31; Sal 126,5; Is 4,3; 40,3; Ger 3,18; Gv 4,1; 2Cor 6,18.