Vocazione di Geremia, giudizio contro l’idolatria e forza di sovvertire la storia empia si intrecciano nei primi versetti del libro. Riconosciamo come ci siano almeno tre parole da Dio verso il profeta: Dio conosce da sempre questo suo figlio, come una mamma; vigila sull’uomo e sulla sua parola; infine è approssimarsi alla morte restare lontano da lui.
- Prima parola: ti ho conosciuto (vv. 4-10). La vocazione di Geremia è la toccante ouverture della sua storia. Al Signore che dice «ti ho conosciuto», espressione semitica che indica la conoscenza intima come tra i coniugi, il profeta risponde obiettando con la giovinezza dell’età. L’obiezione alla chiamata (Gen 17,17; Es 3,11) non è un ostacolo, ma l’occasione perché Dio annunci la grandezza del suo amore: «Non temere… io sono con te!». La conoscenza di Dio è più profonda di quella materna che pure custodisce nell’utero e sente in sé la genesi del nascituro.
Tra i vv. 5 e 19 che ripetono la rassicurazione divina è racchiusa la vocazione del profeta: egli è l’uomo di Dio perché Dio stesso vive accanto a lui e non perché abbia qualità che lo rendano superiore agli altri. Dio, infatti, vuole la salvezza di tutti e non fa preferenza di persone, ma entra tutto intero nella vita e nel cuore di chi lo accoglie (At 10,34; Rm 2,11).
Il v. 10 dice che l’autorità del profeta è costituita superiore a ogni potere umano. Le tre coppie di verbi sradicare-demolire, distruggere-abbattere ed edificare-piantare anticipano che l’azione del profeta toccherà le fondamenta su cui gli uomini hanno costruito la propria superbia e sarà un rinnovamento profondo come nel ricostruire dopo aver demolito, come nel piantare dove ciò che vi era prima è stato estirpato.
- Seconda parola: il ramo di mandorlo (vv. 11-12). Il testo originale gioca sul suono delle parole ebraiche che corrispondono a mandorlo e vigilare. Mandorlo è šāqēd, mentre vigilare šōqēd. L’allitterazione qui sottolinea il messaggio finale: come il mandorlo è il primo a indicare la primavera, vigilando in attesa del tempo nuovo, così Dio continuamente vigila sull’umanità e suscita il profeta perché annunciando converta i cuori e si realizzi la parola divina dell’alleanza.
I vv. 10-12 sono ripresi quasi in parallelo in Ger 31,28.
- Terza parola: la pentola bollente (vv. 13-19). La seconda similitudine ha una spiegazione più lunga. I vv. 14-19 sono l’esegesi che Dio stesso fa della visione del v. 13. Si tratta di una interpretazione di fatti storici drammatici quali le invasioni assire e babilonesi da Nord verso Sud. Probabilmente il cronista qui si riferisce all’invasione Babilonese del VI sec. a.C. che anche Geremia ha visto con i suoi occhi; in precedenza vi era comunque stata quella Assira del sec. VIII a.C.
Il v. 16 dice la causa del male: aver abbandonato Dio per altri idoli.
Il v. 17 sembra una minaccia contro Geremia, ma in realtà descrive come si sta lontani da Dio: nella paura della morte.
Infine i vv. 18-19 a me sembrano un bel richiamo del v. 10: Dio edifica e dà forza a quelli che chiama e che entrano in comunione con lui.
Davanti alla chiamata di Geremia - e in generale nella Scrittura - comprendiamo che la vocazione non è un qualcosa di già pronto che discende dall’alto sulla vita del “chiamato”. Essa è un dinamismo che può crescere o morire, a seconda della risposta all’invito divino. Vocazione è relazione, è storia comune ed è meta del cammino e sua motivazione allo stesso tempo. Dio vigila. L’uomo accoglie. Insieme è comunione che dà vita (Gv 10,10; At 11,18).
Paralleli e approfondimenti
- Dio conosce più intimamente dell’utero materno: Sal 139; Gb 10,11; 31,15; Is 49,1; Ger 20,17; Lc 1,15; Rm 8,29; Gal 1,15;
- Non temere… sono con te! Gen 26,24; Dt 31,8; 1Cr 28,20; Is 41,10; 43,5; Ger 46,28; Mt 1,20; At 18,10.