Siamo nel cuore della prima lettera di Pietro. Dopo l’introduzione e l’invito a lasciarsi rendere familiari con Dio, Pietro si rivolge ad alcuni concreti lettori/uditori del messaggio e li invita a santificare Gesù nella propria vita (3,14).
Questi versetti sono indirizzati ai servi (domestici). Segue un bellissimo inno a Cristo paziente e redentore (21-25). La morale domestica del cap. 2 si comprende nel contesto della lettera e aggiungendo alcuni richiami a Paolo e Giacomo.
In Ef 6,5-8 le istruzioni per gli schiavi parlano di servizio come fatto al Signore stesso. Il servizio reso con semplicità di cuore e volentieri, è reso a Dio. Paolo aggiunge un richiamo ai padroni perché anche questi vivano secondo la legge di Dio, davanti al quale non c’è occhio che guardi con differenza di valore i propri figli. Ancora Paolo scrive un’interessante riflessione sul rapporto nuovo tra padroni e servi nel biglietto a Filemone, insistendo sulla comune fraternità tra lui e lo schiavo Onesimo. La prova della fraternità è Cristo.
Giacomo è parallelo a questi versetti quando scrive della pazienza come occasione di beatitudine (Gc 5,7-11). Pietro e Giacomo sono concordi nell’insegnare che Dio è già la nostra ricompensa e avere Lui significa avere tutto ciò che conta.
La missione affidata ai servi di essere buona testimonianza per la conversione dei padroni, potrebbe essere interpretata (e alcuni pensatori moderni lo hanno fatto) come una consolazione morale per l’ingiustizia sociale tra classi. In realtà non è così se guardiamo la storia degli effetti della fede. Senza giudicare istituzioni del passato con categorie sociali nostre, apprezziamo come Pietro intraveda in quella che è una situazione di fatto (la servitù), un’occasione attraverso la quale la Provvidenza possa operare meraviglie (la conversione). La grazia di Dio cambia la storia anche se colui che vive dentro situazioni difficili, finché vi è dentro, ne avverta solo il peso. Pietro: “questa è grazia”, nonostante adesso sia materialmente “ingiusta”.
Il tema della perseveranza nella sofferenza ritorna in questa lettera in 3,13-16 e in 4,12-19. Compiendo il bene, Dio stesso muterà la storia come già affermava Isaia: “i piedi la calpestano, sono i piedi degli oppressi, i passi dei poveri” (Is 26,4).
Che cosa gradisce Dio? La sofferenza? La pazienza? Dio gradisce la misericordia come aveva vissuto e insegnato Gesù (Mt 9,13 che cita Os 6,6). Ho scritto sopra che la storia ci risponde e lo fa con i santi. Essi hanno incarnato la parola, mostrando come Dio sostenga la storia e continuerà a farlo. Oggi (pubblicazione del commento) è la memoria di San Nunzio Sulprizio, giovane che ha subito le angherie in contesto domestico. L’amore a Cristo non solo gli ha dato forza di sopportare, ma anche la grazia di cambiare le storie intorno a lui. È nella debolezza della croce che si cela la forza di Dio (1Cor 1,26), è nell’umiltà della serva che Dio fa cose grandi (Lc 1,48), a chi si fa piccolo è aperto il regno dei cieli (Mt 18,4). Francesco d’Assisi, Giuseppina Bakhita, Giuseppe Moscati, Madre Teresa, Oreste Benzi: deboli o forti?
Paralleli e approfondimenti
- Il servizio e la pazienza (Efesini 6,5-8; Filemone; Giacomo 5,7-11)
- Dio gradisce la misericordia (Osea 6,6; Matteo 9,13)
- La forza di Dio (Isaia 26,4; Matteo 18,4; Luca 1,48; 1Corinzi 1,26)
© don Cosimo Quaranta