Sapienza 12,12-22 - Giudice mite, paziente e forte
12 E chi domanderà: "Che cosa hai fatto?",
o chi si opporrà a una tua sentenza?
Chi ti citerà in giudizio
per aver fatto perire popoli che tu avevi creato?
Chi si costituirà contro di te
come difensore di uomini ingiusti?
13 Non c'è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose,
perché tu debba difenderti dall'accusa di giudice ingiusto.
14 Né un re né un sovrano potrebbero affrontarti
in difesa di quelli che hai punito.
15 Tu, essendo giusto, governi tutto con giustizia.
Consideri incompatibile con la tua potenza
condannare chi non merita il castigo.
16 La tua forza infatti è il principio della giustizia,
e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti.
17 Mostri la tua forza
quando non si crede nella pienezza del tuo potere,
e rigetti l'insolenza di coloro che pur la conoscono.
18 Padrone della forza, tu giudichi con mitezza
e ci governi con molta indulgenza,
perché, quando vuoi, tu eserciti il potere.
19 Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare gli uomini,
e hai dato ai tuoi figli la buona speranza
che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento.
20 Se infatti i nemici dei tuoi figli, pur meritevoli di morte,
tu hai punito con tanto riguardo e indulgenza,
concedendo tempo e modo per allontanarsi dalla loro malvagità,
21 con quanta maggiore attenzione hai giudicato i tuoi figli,
con i cui padri concludesti, giurando,
alleanze di così buone promesse!
22 Mentre dunque correggi noi,
tu colpisci i nostri nemici in tanti modi,
perché nel giudicare riflettiamo sulla tua bontà
e ci aspettiamo misericordia, quando siamo giudicati.
(Bibbia CEI 2008)
Commento:
Sapienza 12,12-23
Siamo nella terza parte del libro della Sapienza. Rispetto alle due precedenti, è la più estesa. Sotto forma di un lungo inno, si rilegge la storia dell’esodo di Israele dall’Egitto. Nella riflessione sulla corrispondenza tra peccato e punizione, leggiamo una digressione sulla pazienza di Dio (11,15-12,27), all’interno della quale riceviamo questi versetti sulla clemenza e moderazione divine verso Israele.
Alcuni punti di riflessione:
- Dio giudice. Presso molte popolazioni antiche, la divinità era giudice di pietà o vendetta contro l’uomo, assillato e succube di una volontà o fato a lui spesso ignoto. La rivelazione del Dio di Israele, invece, è nella dinamica della comunione per la vita. Il Signore, padrone di tutte le genti (v. 16), che tutti ha creato con le sue mani (v. 12) e che di ognuno ha cura singolare (v. 13), è il vero sovrano e giudice della terra e della storia poiché misericordioso e buono (vv. 18.22). I re e i giudici di questo mondo non reggono il paragone con la sua capacità di governo e giudizio. In questi versetti le semantiche legale e regale esaltano la grandezza del Signore. Ecco allora che nessuno può essere giudice al di sopra di Lui (v. 12; Gb 9) e il governo del mondo è nella giustizia, nata dalla sovrabbondanza della sua mitezza (vv. 18.22; Mt 5,7; 7,2). La moderazione di Dio verso i suoi figli è segno del desiderio che tutti siano salvi e possano giungere alla comunione di vita con Lui.
- La forza divina. In che senso Dio è forte? Egli è forte anzitutto perché misericordioso. Il tempo del pentimento è un dono della sua mitezza e la lentezza all’ira è un segno che forza non è schiacciare l’uomo, ma sollevarlo dalla miseria. Il v. 16 è l’esatto contrario di quanto affermano gli empi in 2,11: “la nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile”. Mentre l’uomo empio è nemico degli altri perché cerca solo il proprio interesse, Dio è amico perché amando l’uomo (11,26), insegna come questi deve amare i suoi fratelli (v. 19). Il potere che Dio esercita si estende tanto sullo spazio, quanto nel tempo e solo Lui è padrone di tutte le dimensioni. Per questo il suo disegno è più saggio dei sapienti di questo mondo e più giusto dei giudici di ogni tempo. Chi potrebbe mai superare il suo giudizio? Una seconda risposta alla prima domanda sulla forza di Dio potrebbe allora essere che Dio è forte perché insegna ai suoi figli ad essere forti nell’amore del prossimo (v. 19). A differenza degli empi che disprezzano la debolezza, chi ama Dio, ama anche i propri fratelli (1Gv 4). Gesù è la misericordia di Dio per noi.
- Dio insegna all’uomo. Richiamando le promesse ad Abramo e ai padri (Gen 12), Dio è esaltato educatore dell’uomo. Con la mitezza e la pazienza, educa i figli perché si amino tra loro (v. 19) e riconoscano nel giudizio divino (v. 20) il principio della vita giusta e saggia. La malvagità da cui stare lontani non è un fascino pericoloso solo per i nemici di Israele (v. 20), ma anche per lo stesso popolo di Dio (v. 22), il quale deve apprendere come vivere nella giustizia e nella santità.
Rimandi nel testo: Gen 18,25; Dt 32,39; Gb 34,13; Sal 115,3; 135,6; Rm 9,19-23
Lento all’ira: Es 34,6; Nm 14,18; Ne 9,17; Sal 86,15; 103,8; 145,8; Gl 2,13; Gio 4,2; Na 1,3
Dio educa Dt 8,5; Pr 3,12; Sap 11,10; Sir 18,13; 2Tm 3,16; Eb 12,6; Ap 3,19