Romani 8,28-30 - Immagine del Figlio
28 Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. 29 Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; 30 quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.
(Bibbia CEI 2008)
Commento:
Romani 8,28-30
In questa sezione della lettera Paolo descrive la vita del credente nello Spirito. La creazione è destinata alla libertà della gloria dei figli di Dio (8,21) e lo Spirito Santo, conoscendo la nostra debolezza (8,26), ci soccorre con la sua presenza, affinché possiamo camminare verso la vittoria (8,37) di Cristo.
Spunti di comprensione e riflessione:
- Dio collabora al bene. Il v. 28 in cui Paolo scrive che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” è una descrizione di Dio stesso e di come Egli agisca nei confronti dell’umanità. Infatti, “tutto concorre” è un tentativo di esprimere la presenza discreta e paterna di Dio. “Quelli che lo amano” è in parallelo con “coloro che sono stati chiamati” ed è il medesimo soggetto. L’amore di Dio previene l’uomo, poiché Egli è da sempre; la scoperta del suo sguardo benevolo verso l’umanità, fa rispondere con altrettanto amore: quelli che scoprono di essere stati da sempre conosciuti (v. 29) e chiamati (v. 28), ricambiano amando Dio (v. 28) con tutto se stessi (Dt 6).
- Conformi all’immagine di Cristo. Cristo è la sapienza del Padre (Mt 11,19), presente alla creazione del mondo (Pr 8; Sir 24) e l’uomo può conoscere la Sapienza divina per grazia di Dio (Sap 7). Se nella prima creazione il peccato ha come nascosto la somiglianza con Dio e insinuato il dubbio che la speranza sia vana, nella seconda creazione tutto è rinnovato. Gesù, “beneficando e sanando” i prigionieri del male (At 10,38), dà prova di voler raggiungere ogni miseria per illuminarla di speranza. Così il Padre, dando continua prova di amore provvidente (At 14,17), dice a ogni uomo che la somiglianza con il Figlio è la chiave di accesso al regno dei cieli. La gloria che Cristo possiede è infatti comunicata a tutti i figli di Dio, per cui Paolo può affermare che siamo “glorificati” (v. 30).
- Destinati alla gloria. Dall’immagine e somiglianza ristabiliti dalla misericordia, arriviamo alla glorificazione. Con delle parole gancio da una proposizione all’altra, Paolo considera la persona dall’elezione nella generazione fino al destino eterno di gloria. Il primo sguardo richiama le parole dei profeti e dei Salmi: da sempre Dio conosce tutti e chiama alla comunione (Sal 139; Is 49,1.5; Ger 1,5; Am 3,2). Lo sguardo amorevole si fa promessa del destino eterno: la “predestinazione” (v. 29) è il desiderio che in tutti si manifesti la somiglianza con il Figlio e che tutti, guardando i propri fratelli, possano riconoscere un fratello di Cristo “primogenito” dell’umanità (v. 29). Il desiderio di comunione si traduce in vocazione (v. 30; Gal 1,6) e nella propria chiamata l’uomo vive il passaggio dalla corruzione della non-giustizia alla giustizia (giustificazione). Nella scoperta di un amore gratuito e sovrabbondante (“eccessivo” Mt 5,20), chi scopre l’amore di Dio ha già il sentore, il presentimento e l’avvisaglia interiore della gloria di cui è fatto partecipe.
Se tutti conoscessero l’amore con cui Dio guarda ciascuno di noi ed è geloso del nostro bene, ci sarebbe certamente molto più amore reciproco e testimonianza della forza della grazia di Dio. Fermati e ascolta cosa oggi il Signore dice a te.
Altri riferimenti: At 13,48; 1Cor 15,49; Ef 1,4-14; Fil 3,21; Col 1,18.