Matteo 5,1-12 - Beati
Beati!
1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
(Bibbia CEI 2008)
Commento:
Matteo 5,1-12
Il discorso della montagna (5,1-7,29) che inizia con questi versetti è il modo originale di Matteo di proporre il discorso programmatico della missione di Gesù. Egli sceglie di ambientare l'insieme di tutte le istruzioni e parabole su un monte, reminiscenza di altre rivelazioni bibliche, specie dell'Antico Testamento (Gen 22,14; Es 19,11; 24,12; 34,4; 1Re 18). Il primo parallelo che balza alla mente è Mosè che riceve la legge sul Sinai; la novità di Gesù sul monte è che lui stesso consegna - dunque non riceve e trasmette - la legge. Questa poi non annulla la precedente, ma come afferma qualche versetto più avanti, la porta a compimento e la rafforza (5,17-21).
- Le folle - i discepoli. Gli insegnamenti di Gesù sono rivolti a tutti. L’interlocutore “le folle” fa da inclusione al discorso della montagna; infatti, la citazione di chiusura è in 7,28-29. I discepoli nominati qui all'inizio sono poi richiamati in maniera quasi diretta nei versetti 5,11-12 e alla fine in modo indiretto in 7,21-27 (il vero discepolo e la casa sulla roccia). Le folle sono un elemento importante nella narrazione evangelica perché rappresentano gli assetati e affamati della parola di Dio e della speranza (Am 8,11; Mt 9,36; At 13,44). I discepoli, per i quali si dice che si mettono più vicino a Gesù, sono come un tramite e non sono una casta esclusiva. La differenza tra folle e discepoli è nel seguire Gesù con una decisione personale e non più soltanto generica come può essere una folla anonima.
- Beati. Il termine tecnico per indicare la condizione di beatitudine nei commentari è “macarismo”, dal greco μακάριος che significa “beato”. I beati sono quelli che godono di una condizione di pienezza esistenziale. Nell'Antico Testamento la regina di Saba dichiara beati quelli che ascoltano la sapienza di Salomone (1Re 10,8; 2Cr 9,7); beati sono quanti camminano nella via della parola di Dio (Sal 1; 106,3; Pr 8,32); beati sono i figli dei giusti (Pr 20,7) e quanti pongono in Dio la propria speranza (Sir 48,11; Is 30,18). La beatitudine, dunque, non è il benessere materiale come anche qualche giudizio leggero e ipocrita vorrebbe far credere (Gb 7,19-21), ma la sapienza esistenziale e la consolazione del non essere soli e senza amore. Beato è colui che si conosce custodito da Dio e amato profondamente, nonostante il mondo attorno voglia far credere che la speranza sia finita.
- Un autoritratto di Gesù. Le beatitudini sono come un breve autoritratto di Gesù.
Proviamo a dire una parola breve per ciascuna:
- I poveri in spirito. Colui che conta solo su Dio e non appoggia il cuore sui successi, sul dominio degli altri, sul possesso, sull’approvazione a ogni costo e sulla comodità. È povero colui che ha il cuore libero e come Maria (Lc 1,46-55) si lascia arricchire da Dio.
- Pianto e consolazione. Quelli al quale il mondo ha strappato la pace, piangono e ingiustamente soffrono, trovano in Gesù il fratello e compagno annunciato da Is 61.
- I miti e l’eredità della terra. L’erede è il figlio; non deve usurpare, ma accogliere in dono. Beato è colui che riconosce in Dio il Padre e nel prossimo il fratello e la sorella con cui vivere nell’amore e gioire. Quanto è misero e povero l’egoista!
- Fame e sete di giustizia. Israele deportato ha sofferto la vera fame di giustizia. Ora la deportazione è quella dell’amore, della gioia, della speranza, della giustizia. Il male che fa credere di essere più forte della vita. C’è bisogno di Vangelo! Oggi.
- I misericordiosi. L’innocente che subisce il male e il giusto perseguitato mettono in crisi questa promessa. Quale misericordia se i buoni soffrono e i malvagi prosperano? Signore, aiutami a portare te. Venga il tuo regno! (Mt 6,10).
- I puri di cuore vedono Dio. Sono quelli che nel cuore coltivano un desiderio e non sono divisi interiormente da più bramosie. Qual è il desiderio profondo del tuo cuore? È unito in Dio o diviso negli affanni e nelle tentazioni che ti affascinano?
- Gli operatori di pace. La liberazione dal male si costruisce. Se gli angeli annunciano pace (Lc 2,14) è perché Dio è all’opera nel Figlio. Così l’uomo costruisce la pace perché la impasta con le proprie mani (Sal 34,15; Pr 12,20).
- I perseguitati per la giustizia. La conseguenza è identica a quella dei poveri in spirito (prima e ultima beatitudine); il richiamo alla giustizia è identico al quarto macarismo (beatitudine centrale e finale). Beato è colui che è libero perché ha imparato ad amare come Dio (Gal 5,13).
- Voi. I lettori di Matteo conoscono già le prime persecuzioni e vedono con i propri occhi la testimonianza coraggiosa dei discepoli di Gesù. Questi versetti finali sono una lode a colui che custodisce la testimonianza della carità senza compromessi e trasmette al fratello la speranza fondata su Gesù vivo (1Pt 3,14-15).
I discepoli, come successori dei profeti, dunque come portatori della Parola, sono la testimonianza vivente dell'incarnazione della legge nuova della carità e della venuta del regno dei cieli. Poiché la beatitudine è cosa tanto intima, quanto reale, credo che, affinché si realizzi questa parola del Vangelo, possiamo rivolgere al Signore queste parole di Salomone: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d'Israele, nostri padri, custodisci per sempre questa disposizione come intimo intento del cuore del tuo popolo. Dirigi i loro cuori verso di te» (1Cr 29,18). È il cuore del piccolo (Mt 11,25) rivolto verso il Padre (Gv 1,18), come il cuore di Gesù (Lc 23,46).
Richiami nel testo: Gen 13,15; 20,5; Lv 25,23; Dt 8-9; Sal 11,7; 24,3; 34,14; 107,5; Sap 2,16; Sir 14,20; Is 40,1; 61,2; Am 8,11; Mt 23,34; Lc 6,20-23; Gv 6,35; At 5,41; Col 1,24; Eb 10,34; Ap 3,8-10.