1Timòteo 6,11-16 - La buona battaglia

1Timòteo 6,11-16 - La buona battaglia

1Timòteo 6,11-16
La buona battaglia


11Ma tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. 12Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.
13Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, 14ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,

15che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,
il beato e unico Sovrano,
il Re dei re e Signore dei signori,
16il solo che possiede l'immortalità
e abita una luce inaccessibile:
nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen.


(Bibbia CEI 2008)

Commento:

1Timòteo 6,11-16


Il tono esortativo e la dossologia (cioè la proclamazione della gloria di Dio) ci avvicinano alla fine della lettera. Siamo quasi a conclusione. Dopo aver biasimato e messo in guardia dai falsi dottori della fede (vv. 3-10), Paolo esorta Timòteo perché sia testimone della vita nuova ricevuta in Cristo. La sua fede è sostenuta dalla grazia del battesimo e illuminata dalla testimonianza di Gesù (v. 13), che è «la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9).

  • Evita queste cose; tendi invece… (v. 11). Le cose da evitare sono i comportamenti devianti dei falsi dottori. Il riferimento è ai vv. 3-10. Ciò che è da ricercare non si trova nelle questioni oziose (v. 4), né nei conflitti di dominio (v. 5), nemmeno nell’arricchimento materiale (v. 10). Ciò che vale sta nella giustizia, nella pietà, nella fede, nella carità, nella pazienza e nella mitezza (v. 11). L’invito di Paolo va oltre la dimensione etico-morale perché nel v. 12 la vita eterna da «raggiungere» è la vita di Dio alla quale Timòteo è già stato «chiamato». È la vocazione che illumina il desiderio di pienezza perché è la meta che fa desiderare il cammino. Le parole dell’apostolo, non facendo riferimento a un rituale di ordinazione o missione, si interpretano semplicemente alla luce del battesimo. Inseriti in Cristo (1Cor 12,27) Cristo abita in noi (2Cor 13,5), viviamo la vita di Cristo (Gal 2,20), gli stessi sentimenti di Cristo (Fil 2,5), la sua morte e risurrezione (Rm 6,5).
  • Testimonianza di Gesù, testimonianza di Timòteo (vv. 13-14). Gesù è inserito nella storia concreta dell’umanità. Nominare Ponzio Pilato significa dichiarare la storicità dell’incarnazione e della redenzione. La testimonianza di Gesù è, a un primo livello esegetico, certamente il dono di sé nella fedeltà d’amore fino alla morte. Vi è un secondo livello e qui si inserisce Timòteo. La testimonianza di Gesù continua nei suoi testimoni, come egli stesso ha fatto comprendere a Paolo nella chiamata lungo la via di Damasco: «Perché mi perseguiti?» (At 9,4); la particella “mi” è la dichiarazione dell’identificazione tra il Risorto e i discepoli. Gesù si identifica con i cristiani perché davvero il battesimo fa vivere la vita di figli di Dio, come egli è il Figlio. Come i discepoli furono soprannominati “cristiani” (At 11,26) tanta era la somiglianza con la vita del maestro, così Timòteo rende presente Gesù, se la sua vita è testimonianza tangibile della carità divina.
  • La manifestazione tra incarnazione e ritorno (vv. 14-16). La «manifestazione» (v. 14) del Signore è detta con un termine speciale: epiphaneia (ἐπιφάνεια). Esso ricorre nel NT pochissime volte, senza eccezionali varianti. In particolare in 2Tm 1,10 indica l’incarnazione di Cristo, mentre nelle altre occorrenze la sua venuta finale. Questa parolina del v. 14 introduce la dossologia dei vv. 15-16, conferendole questo senso: non vi è altro re e Signore che Dio conosciuto in Cristo. Possiamo dire questo perché epiphaneia si riferisce al rituale degli imperatori del vicino Oriente antico di far visita a delle città oppure apparizioni pubbliche nel contesto di un solenne corteo. L’epiphaneia dell’imperatore era la manifestazione di potenza visibile ai sudditi e al mondo. I vv. 15-16 sono una colletta di titoli e citazioni dell’Antico Testamento che, riferiti a Cristo e riletti con le categorie regali/imperiali, esprimono l’incomparabile grandezza e potenza di Dio.

Nel battesimo abbiamo ricevuto anzitutto la vocazione alla vita di Cristo e alla comunione con lui. Nessuno ha mai visto Dio, ma il Signore stesso si è fatto conoscere carnalmente, visibilmente in Gesù (Gv 1,14-18). Vocazione del discepolo è vivere la comunione con Gesù e darne al mondo la testimonianza perché tutti possano desiderare di conoscerlo. La buona battaglia della fede è dunque l’agone dell’atleta che nella manifestazione delle prestazioni atletiche risveglia nello spettatore il desiderio di imitarlo e la bellezza della vittoria.


Manifestazione, ἐπιφάνεια: 2Ts 2,8; 1Tm 6,14 (questo brano); 2Tm 1,10; 4,1.8; Tt 2,13; 

Testimonianza di fede in Gesù: Mt 10,18; 24,14; Mc 13,9; Lc 21,13; Gv 1,15 e 3,26 (il Battista); 15,27; 19,35; 21,24; At 4,33; 20,24; 23,11; 28,23; 1Cor 1,6; 2Tm 1,8; 1Gv 1,2; 5,11; Ap 1,2; 12,17; 20,4.

1Timòteo 6,11-16 - La buona battaglia

La manifestazione di Dio in Gesù è il segno visibile della carità divina per l'umanità. La vita di Timòteo dà a sua volta testimonianza di Cristo e lo rende presente nell'attesa dell'incontro finale

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