Matteo 5,17-20 - Compimento della Legge e dei Profeti

Matteo 5,17-20 - Compimento della Legge e dei Profeti

Matteo 5,17-20
Compimento della Legge e dei Profeti


16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
17Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
18In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
19Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

(Bibbia CEI 2008)

Commento:

Matteo 5,17-20


Questi versetti completano l’introduzione del discorso della montagna. Le antitesi dei vv. 21-48 si comprendono, infatti, con la lettura integrale delle Beatitudini e dei versetti successivi fino al 19. Il v. 20 è qui incluso perché parte di questa introduzione generale dei cap. 5-7. Esso può essere letto anche come apertura di 21-48 per l’inclusione tra i vv. 20 e 47 creata dal verbo περισσὸν (perisson) “abbondare, eccedere, superare”.

  • «Non crediate che…». L’introduzione della frase potrebbe rivelare che nelle prime comunità ci siano state delle discussioni su come vivere il rapporto tra vecchia e nuova alleanza. Sicuramente accuse di sovvertire l’ordine religioso costituito sono state rivolte a Gesù in persona (Mt 9,3; Lc 22,70-71; Gv 8,59; 10,31-39). I suoi discepoli poi hanno dovuto fare discernimento su come si dovesse vivere la novità cristiana. Essa, innestata sulla rivelazione di Dio ai padri, andava sbocciando come nuovo germoglio nella storia (At 15; Rm 11; Gal 2), toccando le vite tanto degli Israeliti radicati sulla Torah, quanto dei gentili vissuti nel paganesimo.
  • Compiere la Legge e i Profeti. Il binomio Legge-Profeti racchiude la totalità della Scrittura. Tutto ciò che è parola sacra è in questione. Nei vv. 17-19 notiamo che si intrecciano il passato (Legge-Profeti), il presente (l’io di Gesù) e il futuro (verbi al futuro e ripetizione de “regno dei cieli”). Gesù è il punto verso cui la storia converge e dal quale essa riparte carica della grazia della visita di Dio. Egli è il punto critico di svolta della storia dell’umanità e della storia personale di chi lo incontra. Davanti a Gesù ogni uomo e donna è chiamato a decidere la propria vita.
  • Iota o trattino. Iota è il segno alfabetico più piccolo; il trattino è un’aggiunta funzionale ortografica. L’espressione iperbolica rafforza le affermazioni di Gesù.
  • Maggiore o minimo nei regno dei cieli. Anche questo è un binomio dello stile rabbinico del parlato. Maggiore-minimo non sono, dunque, riferimento a una gerarchia, come nell’immaginario dantesco dei livelli di premio o dannazione. Essi piuttosto sono il modo letterario per includere tutti gli ascoltatori di Gesù e dichiarare che la testimonianza di vita credente è per tutti ed è un cammino (Sal 1). Due sono le opzioni per l’uomo e la donna: nelle mani di Dio (Dt 33; Sal 16; Lc 23,46) o empiamente lontano e fuori (Sal 101,4; Is 29,13; Mt 15,8).
  • περισσὸν (perisson) abbondare, eccedere, superare. Noi non sappiamo se Matteo abbia potuto leggere la Lettera ai Romani che Paolo aveva già scritto prima di questo testo (Rm 13,8-14). Certo è che entrambi sono arrivati, per grazia di Gesù, alla medesima conclusione: la vita compie la Legge se tutto è vissuto nell’amore. La Legge non può essere una gabbia o una scatola all’interno della quale chiudere tutto, comprimendo gli spazi. Essa è, invece, il dono per amare Dio e il prossimo con tutto se stessi. Gesù è amore totale al Padre e a ogni uomo e donna. Nell’Eucarestia egli compendia il segno di una vita come amore totalmente donato.
  • «Nel regno dei cieli». La ridondanza del rimando al regno dei cieli sembra un voler far fissare lo sguardo nel punto in cui si realizzano le speranze di salvezza. Gesù annuncia che il regno dei cieli è giunto ed egli stesso ne è il segno (Mt 4,17; 10,7; 12,28). Esso è già dei «poveri in spirito» (v. 3) e dei «perseguitati per la giustizia» (v. 10), cioè di quelli che nel cuore hanno un unico desiderio: essere nel Padre e vivere con lo stesso amore che Egli dona (Gv 13,34).

Il riferimento al regno dei cieli e l’amore che deve abbondare sempre è nettamente opposto al fariseismo del regno di Dio a punteggi e premi. Occorre una seria conversione del cuore per amare gratuitamente come ha amato Cristo. Occorre tanta conversione per amare nella libertà e far crescere nella libertà di Dio il prossimo.


Richiami nel testo: Lv 19,15; Dt 4,8; Lc 16,17; Rm 3,31; Fil 3,9; Gc 2,10.

Vicino-lontano da Dio: Gen 28,15; Dt 4,7; 33,3.29; Sal 10,14; 16,5; 22,12; 31,16; 73,28; 101,4; 145,18; Is 29,13; 58,1-12; Ger 4,1; Ez 14,11; 16,6-8; Am 5,23; Ag 1,13; Mt 15,8; 25,41; 28,20; Mc 7,6; Lc 10,9; Gv 14,9; At 18,10; Rm 10,8.

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