2Timòteo 1,6-11 - Ravviva il dono di Dio che è in te

2Timòteo 1,6-11 - Ravviva il dono di Dio che è in te

2Timòteo 1,6-11
Ravviva il dono di Dio che è in te



6Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l'imposizione delle mie mani. 7Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.
8Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
9Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia.
Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, 10ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo, 11per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro.

(Bibbia CEI 2008)

Commento:

Siamo davanti a una lettera che si presenta come un testamento spirituale. Il v. 8 non lascia margini di dubbio: Paolo è in carcere a causa della testimonianza cristiana. Il tono è confidenziale - Timòteo è detto «figlio carissimo» (v. 1) - perciò accogliamo queste parole come il lascito delle cose preziose, il bilancio del cuore di un uomo alla fine della corsa, al termine della battaglia della vita e della fede (2Tm 4,7).

  • Ravviva il dono di Dio che è in te. Dentro Paolo arde un fuoco di passione per il Vangelo. Al discepolo Timòteo chiede solidarietà nei sentimenti e nell’impegno. Commovente l’immagine del v. 6. in cui il verbo “ravvivare” indica il riaccendere un tizzone che si sta spegnendo. Ravvivare, infatti, è ἀναζωπυρεῖν evidente immagine del fuoco da smuovere affinché torni ben acceso. Fuoco dono di Dio per cui «dono» è detto con χάρισμα = charisma. Qui Paolo ripete un concetto già citato nella lettera precedente (1Tm 4,14). Si riferisce alla partecipazione alla successione apostolica mediante la preghiera sul candidato e l’imposizione delle mani. L’imposizione delle mani è citata in At 8,18 (con la successiva questione della simonia); At 19,6 (insieme al Battesimo); Eb 6,2 (con Battesimo e catechesi). Alla parola charisma è accaduto ciò che in lessicologia si chiama traslazione. È accaduta per allargamento del senso, per cui con carismi (al plurale) si intendono tutte le manifestazioni particolari della grazia di Dio. A volte sono diventati un discutibile sinonimo di talenti. Il fuoco, invece, è anzitutto Cristo (1Cor 3,12-15) ed è lo Spirito. Il Charisma (maiuscolo) è la vita gratuita di Dio.
  • Soffrire per il Vangelo, ovvero? Paolo è in catene; Timòteo non deve provarne vergogna (v. 8) per il biasimo che il carcere può gettare sul nome dell’apostolo. Da quando ha iniziato l’attività missionaria ha speso ogni energia in viaggi, incontri, lavori e preghiere. Ha dato buona testimonianza di essere un uomo pieno di amore per Gesù e per il Vangelo. Ha subìto persecuzioni (2Cor 11,23-27), incomprensioni e rifiuti. Nonostante tutto, è rimasto fedele alla chiamata di Gesù di essere suo testimone per il mondo (At 19,21-28,31). Credo che qui si intreccino almeno due significati di sofferenza: uno immediato ed evidente che è la prigionia e uno più remoto e altrettanto reale che il “portare su di sé”: è tutta la quotidianità del Paolo convertito e diventato testimone di Cristo (v. 11; 2Cor 5,14; 11,28-29).
  • Quale vocazione e quale grazia. Paolo ha specificato alcune qualità dello spirito ricevuto: non timidezza, ma forza, carità e prudenza. Breve compendio di virtù: la forza nella prova, ma anche la fortezza nella fedeltà quotidiana; la carità apice delle virtù (1Cor 13), ma anche l’amore delicato per il figlio carissimo (v. 1); la prudenza come coscienza ben formata (Sir 37,13-14) e anche un cuore che ascolta la parola di Dio (1Re 3,4-15). Tra la forza focosa e la prudenza ragionata, la misura è la carità. Essa sola conduce al fine della vocazione di ognuno. E la vocazione è la comunione eterna con Dio, donata dallo Spirito già in questa vita.

Gesù ha vinto la morte. Egli ha mostrato la vita vera e la comunione nella pienezza di Dio. Paolo avverte la gravità del momento - non la dissimula - e offre se stesso a Dio affinché il Vangelo continui ad essere annunziato. È così che, anche dopo la morte, continuerà ad esserne «messaggero, apostolo e maestro» (v. 11).


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