1Timòteo 1,12-20 - Vocazione nella misericordia

1Timòteo 1,12-20 - Vocazione nella misericordia

1Timòteo 1,12-20
Vocazione nella 
misericordia


12Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, 13che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, 14e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
15Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. 16Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
17Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

18Questo è l'ordine che ti do, figlio mio Timòteo, in accordo con le profezie già fatte su di te, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia, 19conservando la fede e una buona coscienza. Alcuni, infatti, avendola rinnegata, hanno fatto naufragio nella fede; 20tra questi Imeneo e Alessandro, che ho consegnato a Satana, perché imparino a non bestemmiare.

(Bibbia CEI 2008)

Commento:

1Timòteo 1,12-20


Paolo è un riferimento per Timòteo. Nella sua esperienza, Timòteo può scoprire che Cristo dona la sua grazia nella misericordia. È, infatti, la misericordia di Dio l’annuncio fondamentale di questi versetti.

  • Conversione di Paolo (vv. 12-14). Con la liturgia del 25 gennaio è tradizione parlare di “conversione” di Paolo. Non è errato, se ne comprendiamo bene il senso. Egli, infatti, non ha cambiato Dio. In che senso allora parliamo di “conversione” o di “rivelazione”? La conversione di Paolo consiste in una nuova apertura dello sguardo. Il Signore, che egli ha sempre amato e per il quale da fariseo ha creduto di aver ben investito la sua vita, gli ha mostrato il suo volto di misericordia; questo ha stravolto l’esistenza di Paolo. I vv. 12-14, se presi alla lettera, suonano strani. Paolo era un fariseo, ma non un bestemmiatore del nome di Dio. Ora però applica a se stesso la qualità di bestemmiatore perché nel suo essere fariseo mancava della carità verso il prossimo e questo era sì bestemmiare il Dio che è Padre di tutti. Su “persecutore e violento” abbiamo l’interpretazione autorevole di At 7,58-8,1a e 9,4.
    Notiamo nel v. 12: «reso forte», «giudicato degno di fiducia», «al suo servizio». L’amore di Dio, riversato come misericordia nel cuore di Paolo, è così forte che Paolo testimonia, parallelamente a quanto scritto qui: «tutto posso (è reso forte) in colui (nella fiducia di Dio) che mi dà la forza (per servire il Vangelo)» (Fil 4,13).
  • Una parola degna di fede (vv. 15-17). La formula introduttiva è comune a 3,1; 4,9; 2Tm 2,11; Tt 3,8. Introduce un tema che deve essere accolto e non trascurato: la misericordia di Dio è quanto di più prezioso si può scoprire nella vita. Essa è il motore ad un tempo sia della storia universale, che della storia personale.
    Ancora una volta Paolo sottolinea che il Signore lo ha voluto come strumento di annuncio. Dio dimostra il suo amore non perché solleva sul piedistallo il giusto (che fa bene a vivere come giusto), ma perché in Paolo ha realizzato la salvezza quando “ha disperso la superbia nei pensieri del cuore e da potente lo ha rovesciato dal piedistallo” (parafrasando Lc 1,51-52). Paolo ha compreso questo quando ha incontrato Cristo e si è lasciato amare. Così, abbassando le difese dell’orgoglio farisaico, ha scoperto che «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5,8). La dossologia del v. 17 è la firma del cuore che si riconosce amato e loda l’Amore.
  • Coloro che hanno rinnegato (vv. 18-20). Perché Timòteo non si scoraggi, ma sia saldo nella guida della comunità, Paolo cita un caso di allontanamento dalla comunità in vista della conversione dei rèprobi. Imeneo e Alessandro sono «consegnati a satana» affinché si convertano. Ritorna dopo pochi versetti la bestemmia. Che si siano macchiati di mancanza di carità verso la comunità? È una interpretazione probabile dato che per giustificare una pena di allontanamento è necessario supporre una autorevolezza della comunità stessa e un riconoscimento condiviso delle pratiche sia di ammissione, che di esclusione. Un caso simile è citato in 1Cor 5,5.

Nel combattimento che è la vita di fede la vittoria è garantita se Timòteo (e anche noi) avrà conservato la fede e una buona coscienza (v. 19). Il ministero ricevuto nella consacrazione («le profezie fatte su di te» del v. 18, richiamate più esplicitamente in 4,14) non è garanzia di vittoria come forza magica infusa dall’alto. La grazia divina e l’umanità del consacrato insieme collaborano affinché la vita sia servizio al Vangelo.



Rimandi all’epistolario paolino: Rm 2,24; 16,27; 1Cor 5,5; 15,9; Gal 1,13; 2Ts 3,7; 2Tm 2,17; 4,7.14; 

Altri paralleli nel testo: Is 52,5; Mt 9,13; Lc 12,10; Gv 16,2; At 3,17; 8,3; 13,1-3; 2Pt 3,15.


Ricerca nel Blog